CONTRASTED

Giugno 18, 2017

Realizzare Contrasted significa cercare di rendere possibile un tipo di indagine complessa e multiforme che nulla concede a chi è spinto dal bisogno di fare sintesi affrettate. A fronte di coloro che pensano al conflitto solo come oggetto di mediazioni affrettate e svilite Contrasted ha presentato la forma del flusso. Una realtà complessa e instabile dalle sfuggenti sfaccettature, sintomo dell’inarrestabile movimento della natura.

Elemento essenziale peraltro anche per chi volesse condurre solo un approccio di tipo scientifico. Pur essendo indubbio infatti che l’attività di misurazione messa in atto da parte dell’uomo abbia concesso forme di conoscenza e di sperimentazione dei fenomeni e delle cose reali, è altrettanto vero che queste si siano dimostrate insufficienti.
Le più accurate misurazioni che avrebbero consentito lo svolgimento di un’altra importantissima attività dell’uomo, quella riguardante la mediazione, credono ancora possibile un altro miracolo: che il virtuale e quindi, l’inserimento di un congegno di codifica tra il mondo e l’esperienza possa essere di questo è l’ultima prospettiva, quella nella quale riposano le nostre speranze.
L’uomo si sa, ha imparato a concentrare tutti i suoi sforzi sul versante dell’opposizione e se ne nutre per colmare la fame di catalogazione anziché cercare di integrarsi in armonia con ciò che lo circonda. Il razionale viene metodicamente separato dall’irrazionale e tutto funziona secondo il principio dell’antagonismo e non della coabitazione. In ogni situazione o disciplina, i criteri vincenti sono quelli che evidenziano le differenze e le contrapposizioni e non le similitudini e le sfumature. Pertanto, viviamo con l’apparente certezza che Tutto sia rappresentato con estrema chiarezza.
Vogliamo che i confini delle nostre definizioni siano nitidi e ben tracciati, che le competenze vengano assegnate ad un proliferare di superspecializzazioni, sempre più circoscritte e rinchiuse, e che in definitiva, nella vita altrui si confermi soltanto una delle due situazioni alternative che abbiamo ipotizzato. Spiega se riusciamo a catalogare rientra in uno schema pacifico della mia lettura dell’altro
A ciò, la complessità risponde (e spesso vince), in termini di ulteriore crescente complicazione, quasi a riaffermare l’estrema necessità di un approccio razionale, mediato e specialistico alla realtà del mondo fisico. Abbagliati dal bisogno di possedere ciò che ci sforziamo di comprendere, vediamo in realtà accrescere la nostra illusione di progredire nella conoscenza e di allargare il dominio dell’intelligenza e della forma strutturata sull’amorfo e sul caotico.
Si rischia che in alcuni ambienti si sta diffondendo un Tra i vari usi della diversità e delle opposizioni contrastanti, basterà pensare a quella che ha a che fare con la “differenza”, per sentirsi allarmati. Gli atteggiamenti di fronte alla differenza altrui (etnica, culturale, sociale ecc.) potrebbero essere raccolti sotto tre pericolose etichette: forza, tolleranza e ambiguità. Di fatto, esse significano: uso della forza per assicurare la conformità ai valori di coloro che possiedono la forza; una vacua tolleranza inconsistente ed eterea al punto da rinnegare se stessa in qualsiasi momento oppure un continuo scansare e sfuggire il problema il quale spesso conduce ad esiti ambigui e contraddittori.
Insomma, paternalismo, indifferenza e arroganza sembrano essere tra le pratiche più comuni nell’affrontare le differenze.
Quando l’artista (come l’etnografo) è l’intenditore per eccellenza delle forme mentali estranee, quando è “ossessionato” dai mondi altri e dal tentativo di renderli comprensibili a se stesso e agli altri, egli fa pratica a mio avviso di filosofia dell’interculturalismo, ossia dell’incontro con l’altro che non si limita ad essere esercizio di tolleranza. Su di un terreno in grado di attraversare i confini fra le discipline, egli è perfino in grado di far fronte ai nuovi nazionalismi, al revival delle piccole patrie, ai focolai di razzismo, intolleranza e integralismo visibile in ogni angolo del mondo.
Tecnologie informatiche e telematiche, ricerca e sviluppo riguardante invisibili e iperveloci mezzi trasmissivi ribadiscono la fondamentale esigenza della produzione di informazioni e sottolineano le caratteristiche di bidirezionalità e interattività dei nuovi media. Questo spirito di compartecipazione e corrispondenza che unisce luoghi distanti – geografici e dell’anima – e condivide innumerevoli punti di vista, si fonda in modo sorprendente sulla tendenza dell’uomo a prendere le distanze dalla realtà in cui vive, mediandola, per poterla comprendere e dominare; a zoomare sui particolari, specializzandosi, per eliminare le frastagliature e i contorni sfumati; a dividere eventi e fenomeni, misurandoli, per disporre di dati e costruire informazioni.
Gli usi della diversità culturale, del suo studio, della sua descrizione analisi e comprensione, non si situano in un percorso che ricolloca noi stessi in rapporto agli altri al fine di difendere l’integrità del gruppo e sostenerne la fedeltà; piuttosto, essi si pongono lungo un percorso atto a definire il terreno che la ragione deve oltrepassare se intende acquistare i suoi pur modesti traguardi e renderli effettivi. Questo terreno è scabroso, pieno di buche inaspettate. Attraversarlo o tentare di farlo, non vuol dire affatto livellarlo, trasformandolo in una liscia, sicura e ininterrotta pianura; al contrario se ne portano semplicemente alla luce le discontinuità e i contorni.

 

 

ALLESTIMENTI E MOSTRE – ARTICOLAZIONE SPAZIALE

 

Il ciclo delle doppie personali dunque, si è concentrato sulla necessità di far dialogare di volta in volta, due ipotesi di ricerca apparentemente lontane e tra di loro opposte, in modo da evidenziare le infinite possibilità poetiche delle antitesi. Cercavamo di suscitare un dibattito sulle opposizioni e sull’ampio spettro di antinomie in arte, in modo da definire nelle sale di palazzo Chianini-Vincenzi ambienti e sguardi complementari che concorressero ad esprimere una visione unitaria intorno all’universo complesso e multiforme dell’arte contemporanea.   Il titolo che identificava il terreno contrastante e a volte incompatibile in cui prendono corpo forme e figure, si prefiggeva lo scopo di fare incontrare le varie installazioni sul terreno delle diverse direzioni ed energie sprigionate dalle più opposte esigenze. Prevalentemente costituite – come dicevamo – da artisti per i quali la ricerca è ambito di riflessione personale, elemento imprescindibile del proprio operato e specchio delle proprie convinzioni, ogni mostra è stata un’evidente occasione per riflettere sulle categorie dell’antitetico alla luce di una stretta, autentica e sincera coerenza tra l’operatore e l’opera da inserire nelle sette stanze. Un incontro tra elementi umani e sovrannaturali, un altro tra elementi concettuali materiali o simbolici o più direttamente collegati alle verità perdute ed un altro ancora sull’opposizione tra ascetica profezia e antigrazioso decadente si sono posti come ideale sviluppo la volontà di suscitare il confronto e rendere possibile la convivenza con situazioni dissonanti, sapendo che spesso non c’è una soluzione, ma che è possibile comunque una trasformazione

Contro le deboli mediazioni o le insindacabili verità, Contrasted ha presentato lo spaziare libero tra fonti di ispirazioni differenti, mescolando  nelle varie installazioni il registro vernacolare e profano con citazioni poetiche e suggestive, in un flusso continuo e apparentemente contraddittorio di appropriazioni, citazioni, trasformazioni contrapposizioni, che abbiamo inteso come “simpatie” tra mondi distanti e difformi.

Gli allestimenti hanno previsto di assegnare alla prima stanza il compito di presentare il contrasto tra i due artisti rendendo immediatamente quale era l’oggetto del contrasto. In seguito diviso equamente lo spazio espositivo, ogni artista ha costruito – tra sculture e installazioni – situazioni in grado di potenziare la complessità e l’instabilità del suo rapporto con l’altro, rimettendolo continuamente in discussione, anche quando il contrasto era evidente e stabilmente costruito.

Si sono susseguite quindi tutta una serie di installazioni inedite, ben al di là e in alcuni casi più generose del site specific,  che hanno cercato di fare il punto sulle carattere narrativo e perfino affabulatorio delle opere esposte, sulla connessione tra supporto/contenuto di un’immagine statica opportunamente illuminata, oppure lasciata in penombra, sulle possibili connessioni tra l’oggetto del contrasto e l’uso di spazi interni o, in qualche caso perfino esterni del palazzo. In generale, nessuno ha rinunciato al gioco  prodotto dalla suggestione dell’ambiente più piccolo del palazzo, una piccolissima stanzina a fine percorso. Assegnata ai tre artisti cui era affidata l’ala sinistra di palazzo Chianini Vincenzi, nella più esigua delle stanze, gli artisti hanno sperimentato realtà e finzione; al suo interno cioè, l’installazione, poteva trasformare l’oggetto osservato e l’osservatore in surreali immagini o metafora di loro stessi proiettati all’interno di uno “spazio museale” tradizionale. Illuminato dall’alto, abbiamo assistito alla ricostruzione di una sorta di piccolo tempietto o luogo di culto dedicato a Metrodora ad opera di Sandra Stocchi; all’impenetrabile rarefatta e poetica installazione di foglie d’edera in rame di Virginia Lopez e alle sagome in rilievo del piccolo Cimitero Portatile del collettivo Muzakiller Foundation, rivestite di paste cromatiche bianche e nere.   Matrice, piccolo percorso concluso di una storia personale e di un allestimento che si fa opera d’arte al di fuori di ogni classificazione.
In definitiva, senza tema di smentita CONTRASTED ha svolto un’indagine sulla scultura in cui i singoli pezzi hanno funzionato come frammenti di una narrazione più ampia, ponendo l’opera d’arte come congegno di codifica tra il mondo e l’esperienza intendendola come prospettiva, nella quale riposano le nostre speranze o punto d’accesso per l’invisibile, per il passato o per il futuro. In una società complessa, l’arte della convivenza è ancora tutta da inventare. Realizzare Contrasted è stato a nostro avviso un consentire alle diversità di integrarsi e armonizzarsi incontrandosi sul piano simbolico, anziché combattersi in guerre e dissonanze.

 

Matilde Puleo

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