Germinazioni

Giugno 18, 2017

Microcosmi versione tavoletta, miniature, esistenze ridotte e modelli di vita che germogliano rendendo il tridimensionale molto più assimilabile ad una famiglia di funghi che ad una ricognizione sistematica della produzione artistica del territorio. Germinazioni, non a caso, è il primo evento dell’articolata rassegna di arti visive che porta il titolo mushROOM e che si realizza significativamente attorno a piccoli supporti.

Germinazioni di germogli da intendersi come atti di origine, cause prime e albori di qualcosa che ha da venire o che è già in atto. Fondamenti o premesse di se stessi e del proprio mondo che costituiscono un abbozzo di adesioni e di esplorazioni di se da far convogliare nei locali di Palazzo Chianini invadendolo.

Questi artisti sono stati chiamati a lavorare sui depositi, sugli accumuli e sugli strati di ciò di cui siamo composti, attingendo dal luogo dei ricordi, delle nostalgie, dei reperti, delle indagini dal sapore scientifico o dai flashback, tutta una serie di ipotesi da insinuare lungo i percorsi dello spazio espositivo.

Per i 25 artisti invitati, il compito di elaborare 10 immagini su supporti della stessa dimensione, ha significato avere un ingombro mentale utile a suscitare la natura narrativa del sé. L’Io di ogni artista ha realizzato in pratica una storia molteplice che ha avuto come protagonista un probabile Me che immagina futuri, evoca presenti e ricostruisce passati pur privato da ogni garanzia circa la percezione unitaria di se stessi. Germinazioni di tentativi senza rete. Falliti o portati a compimento, poco importa.

La questione relativa all’identità personale è attualmente uno dei temi più interessanti del dibattito nell’ambito della psicologia sociale e in molti, da tempo, sembrano propensi a credere che essa non sia più qualcosa di definito e unico. Si parla piuttosto di un risultato molteplice e dai confini sempre più permeabili, pronto a negoziazioni di vario tipo. Si parla di una sorta di fragilità permanente che sembra aver perso l’antico senso di continuità e di appartenenza. La questione delle identificazioni proprie ed altrui è un problema che questi artisti pongono a se stessi e all’osservatore all’interno di un’interazione in cui la generalizzazione non solo non è esplicita ma non è neppure ammessa. Tanto dissimili e perfino volutamente discordanti sono le identità coinvolte.

Accostare tante personalità diverse che manifestano tuttavia un comune interesse per l’identità – ciascuno con la personale e incisiva connotazione formale che li contraddistingue – significa immettere l’osservatore nei versanti meno scontati e di più ampio respiro contestuale del dibattito socio-antropologico ancora in corso. Il carattere dialogico dell’arte e l’appartenenza di queste tavolette alla sfera della creatività e dunque all’ambito del possibile non deve trarre in inganno: il potere esplorativo delle scienze pare essere indebolito e l’ampia diffusione di trattati e di saggi che si occupano d’arte, ma che sono composti dai filosofi della scienza pare dimostrare un effettivo bisogno di linguaggi metaforici ed evocativi che sappiano tradurre in altro modo la complessità del reale. Per tale ragione l’identità diventa fonte di immaginazione creativa, suffragata da referenze allegoriche ottenute (tutte, nessuno escluso) da motivazioni teoriche, fasi di studio e progetti ideativi non privi di aspetti accattivanti, ludici o ironici. La mostra è infatti la fase conclusiva di un processo lungo costituito da intensi confronti, scambi di idee (e di mail) che hanno  spinto ad aprirsi non solo sul piano della razionalità, ma anche su quello della sensibilità  e dell’esperienza diretta del gruppo, anche da parte di quanti (e sono molti) sono stati costretti da altro a rimanerne fuori. Ognuno di loro tuttavia, sa che l’avvicendarsi delle iniziative sarà occasione ulteriore

Narrare ciò che crediamo di essere e accorgersi delle diverse identità che coabitano in noi senza correre il rischio di perdersi significa riuscire ad inserire ogni ipotesi in una narrazione complessiva e (perfino complessa), che ha il semplice compito di farci prendere coscienza e di non censurare o castrare ciò che alla fine, per l’appunto, ci identifica.

 

Matilde Puleo

 

Comments are closed.