PP_Francesca Ghermandi

Giugno 22, 2017

Quello di Francesca Ghermandi è un pianeta paradossale abitato da personaggi brutali e disumani compiaciuti della loro apparenza deforme. Aggressivi quanto basta, essi si beano d’avere visi privi di lineamenti, quando non si presentano invece con tratti somatici tondeggianti che finiscono con l’equipararli ad oggetti in grado, tuttavia, di esprimere il peggio dell’umanità reale. Spesso si ha a che fare con immagini fortemente espressive in cui il singolo particolare o la nota di colore acquistano la forza e l’efficacia delle parole più eloquenti. Maschere di dubbi figuri, sempre a metà strada tra il volere più bieco e la vita più angosciata, si presentano con indubbia capacità metaforica al nostro sguardo.  Eppure, l’ironia della disegnatrice bolognese sa farsi spietata e leggera al tempo stesso, costituita com’è da un tratto fluido e stilizzato che si concretizza in figure plastiche, sintetizzate da linee chiare e contorni netti, in grado di rendere evidenti il volume e la materia di cui sono composti.  Immagini che partecipano con determinata ostinazione all’atmosfera surreale e straniante entro la quale conducono le proprie avventure o presentano le loro debolezze. Atmosfera che inoltre, sa avvalersi della vignetta isolata e del concetto espresso in forma di sferzante battuta, invece che del fumetto come accade altrove, in molte sue pubblicazioni e che proprio in questa dimensione singola e indipendente privilegia il disegno a matita o la tavola in bianco e nero illuminata da un colore seducente e artificiale.
Del resto, è necessario ricordare che Francesca Ghermandi ha al suo attivo una serie di importanti esperienze nel fumetto, nell’illustrazione, nella pubblicità e nel cinema d’animazione e ciò le concede oggi di assecondare la sua volontà di dare alla singola tavola quel valore assoluto che le permette di vivere di vita propria.  In ognuna delle esperienze creative fin qui condotte, filtra la sua vocazione d’autrice noir mista alla conoscenza delle tecniche che traducono un concetto complesso in immagine. Ed è grazie a questa versatilità che con eleganza l’artista ha saputo liberarsi delle parole per lasciare alle immagini la libertà necessaria al racconto svincolato dalla griglia di lettura.  È  così che si manifestano significati diversi, accostamenti inattesi e ordini improbabili. Sia all’interno della singola tavola che nel complesso della serie cui appartengono. Le singole vignette diventano così niente più che il quadro meticolosamente ricostruito di un universo a noi più vicino di quanto si immagini, riedificato attraverso quei momenti di ordinaria follia che sempre più spesso ci capita di vedere nel nostro quotidiano. Ritratti di una realtà che sarebbe assurda ed incredibile, se non la sperimentassimo quotidianamente nei programmi televisivi intrisi di degradante oscenità intellettuale. I riferimenti e le note critiche dell’artista si attestano su molteplici livelli di lettura: da quel “Disneyland culturale” in programma nel nostro calendario politico, alla cinica manipolazione di saperi fino alla complice superficialità della comunicazione massmediatica.   La banalizzazione del dolore da un lato e quel rassicurante parco dei divertimenti che ci hanno promesso dall’altro, sono realisticamente indagati dall’artista con la forza, lo sdegno ed il coraggio che solo la ferocia liberatoria del suo fumetto è in grado di garantire.
A noi non resta che dialogare con il carattere anti neutrale di questi lavori e accettare di nutrirsene, nella ferma convinzione che ci possano essere opinioni espresse tramite immagini in grado di illuminare il nostro percorso personale.

Matilde Puleo

08 SETTEMBRE – 09 OTTOBRE 2011

Biblioteca Comunale Palazzo dei Priori

Arezzo, via dei Pileati

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